Quando penso al Pane Carasau, mi viene in mente il paese di mio padre: Orosei. Un tempo lì c’era un forno del pane di cui ho sentito parlare talmente tanto spesso da averlo trasformato in un ricordo. Mi sarebbe piaciuto tornarci in questo scorcio di primavera, per vedere gli oleandri in fiore lungo la strada che ti porta al paese, sedermi su una sedia di legno e guadare le donne al lavoro. Osservarle per cercare di carpire i segreti di questo pane così speciale, difficile da fare ma parte fondamentale della nostra cucina. Un pane che si presta a tante preparazioni non solo come accompagnamento, puoi mangiarlo in versione Guttiau o come Pane frattau oppure bagnarlo e farlo diventare morbido come la fresa o usarlo come base per la ricotta col miele.
Per noi sardi questo pane è speciale. Ci fa sentire a casa. Quando sei lontano dalla tua terra trovi sempre il modo di fartelo mandare e quando sei all’università trovi sempre uno spazio nella valigia per portartelo dietro. Un pezzo di pane Carasau, una fetta di salsiccia, un po’ di formaggio e un bicchiere di vino., un momento semplicemente perfetto per combattere la nostalgia.
L’idea di prepararlo a casa mi intrigava da tantissimo tempo, soprattutto da quando abbiamo rimesso in funzione il forno a legna, ma ad essere onesta non credevo di riuscirci. Mi sono avvicinata a questo esperimento con tutta l’umiltà possibile, ben consapevole di avere un 40% di possibilità di riuscita. Non potendo andare ad Orosei per imparare la ricetta mi sono mossa in maniera diversa. Ho contattato una signora che un tempo lo faceva e tramite lei ho recuperato la ricetta, mentre per l’esecuzione mi sono affidata ad alcuni video che ho trovato su internet. Vi segnalo questo che io trovo bellissimo, girato a Galtellì, racchiude in sè tutto ciò che di meraviglioso c’è nelle tradizioni di questa terra.
Chiariamo subito che il pane carasau viene fatto ancora oggi in casa e sono le donne le Maestre di quest’arte. Si danno appuntamento la mattina verso le 4.30 e tra sorelle e cognate formano un gruppo di tre per iniziare un lungo lavoro che le terrà impegnate fino alle due del pomeriggio. Come dicevo prima e come non mi stancherò mai di ripetere, preparare questo pane è un’arte. Se sei fortunata te lo insegnano da piccola e poi a tua volta lo insegnerai alle tue figlie o alle tue nipoti. Un momento straordinario di aggregazione familiare, dove ognuna conosce perfettamente gesti e tempi come in una perfetta rappresentazione teatrale. Ancora oggi si riuniscono una volta al mese e impastano quasi 20 chili di farina per preparare una scorta di pane che durerà almeno 30 o 40 giorni. Perchè se tenuto ben chiuso dentro una busta di plastica questo pane si conserva benissimo per due mesi.
Senza girarci intorno e dopo aver toccato con mano, posso affermare che il Carasau è frutto di un lavoro faticoso, perchè se una parte di queste donne ha affiancato alla tradizione l’uso di impastatrici e macchine per tirare la sfoglia, una parte continua a fare tutto a mano. Io sono affascinata dalla maestria con cui cuociono questo pane, dalla bellezza dei movimenti e dal miracolo di questo impasto di acqua e farina che si gonfia come un pallone a contatto col calore.
Il risultato per me è stato al di là di ogni più rosea aspettativa e a fine giornata ero felice e orgogliosa di essere riuscita a fare da sola qualcosa di così complesso. Questa ricetta e la sua esecuzione sono il frutto di esperimenti di una appassionata di cucina, per cui i puristi dell’arte del Carasau prendano questo post per quello che è, cioè un primo esperimento, ma giuro solennemente di diventare più brava e di imparare a tirare le sfoglie di pasta, sottili come fazzoletti. Per ora mi accontento di questo pane croccante e spesso che tra l’altro io preferisco alla versione sottilissima che si trova solitamente nei negozi.
Domenica ho chiamato a raccolta le donne di casa per collaborare e ricreare l’atmosfera del vero forno del pane, ma dubito fortemente di riuscire a coinvolgerle per le prossima volte, cominciano ad avere paura dei miei esperimenti e non posso biasimarle. A questo punto mi servono nuove braccia: ci sono volontarie?
- 1 kg di farina di semola rimacinata
- 3 gr di lievito di birra (2 gr in estate)
- 1 pugno di sale
- acqua quanto basta
- In una ciotola o nell'impastatrice lavorare la farina, con il lievito e l'acqua e poi aggiungere il sale. Impastare per almeno 10 minuti fino a quando non si formerà una palla liscia ed elastica.
- Lasciar lievitare ben coperto per almeno 2 ore e poi formare delle palline di pasta. Aiutandosi con il matterello lavorare le palline per formare delle sfoglie di pasta sottilissime e rotonde. Ogni disco di pasta dovrà essere posizionato su un telo di cotone e poi coperto.
- Accendere il fuoco nel forno e far scaldare bene. Aiutandosi con un pala di legno mettere un disco di pasta nel forno a legna. Il pane inizierà quasi subito a fare le bollicine e con una pala di ferro più piccola, girare continuamente il disco di pasta che nel frattempo avrà iniziato a gonfiarsi. Quando si sarà formato un palloncino, toglierlo dal forno e metterlo su un piano.
- Con un telo da cucina, sgonfiare il palloncino di pasta e contemporaneamente ripulirlo dalla cenere. Con un coltello aprire e dividere il disco di pasta in due fogli.
- Coprirli e metterli da parte facendo attenzione a tenerli ben schiacciati aiutandosi con un tagliere di legno pesante.
- Una volta terminata la prima fase di cottura bisogna "carasare" il pane, rimettendolo in forno per pochi secondi per farlo asciugare. questo passaggio lo farà diventare bello croccante.
Daniè says
Ciao Vera, seguo da qualche tempo il tuo blog e il tuo amore per la cucina e la nostra terra.
Bellissimo post e mi offro volontaria!!! :-)))))
Daniela
Vera in cucina says
Ciao Daniè
benvenuta nel mio blog. Ti segno per la prossima infornata:)
Sara says
Che meraviglia guardarlo mentre si gonfia nel forno a legna. Le foto rendono benissimo l idea di quel che accade a questo pane che, a giudicare dal tuo bellissimo racconto, sembra abbia qualcosa di magico. Complimenti.
silvana says
chissà che divertimento!
complimenti, l’idea di riunire le donne di casa poi è molto bella
L'albero della carambola says
Mi hai fatto sognare con questo post…che brava! stupende le foto…un saluto simo
LaVally says
Te l’avevo già detto su twitter.. prossima volta prendo l’aereo =)
Senza parole Vera, è magico.. e poi con il carasau puoi fare davvero mille cose ;p anche metterci la nutella…
Bravissima Vera!!
Caterina says
Sono di origini sarde ,ma non abito in Sardegna al contrario della mia famiglia e per questo ho sempre grande nostalgia di loro , del mare , del cibo di tutto ciò che riguarda questa meravigliosa terra, hai fatto una ricetta stupenda, grazie la guardo con invidia e con la consapevolezza che non riuscirò mai a farlo, ciao cara e da oggi ti seguo su twitter , un baciotto e buona giornata!
Vera says
Ciao Caterina
i sardi soffrono sempre una sorta di mal di Sardegna. Con la cucina ogni tanto possiamo colmare quel vuoto. Il pane carasau qualcuno lo fa anche nel forno di casa. Grazie per il follow, ricambio con piacere.
A casa mia says
Ciao Vera!
Che belle le ricette sarde, per chi, come me ha origini in questa splendida terra!
Ma c’è il modo di cuocere il pane carasau in un forno tradizionale?
Grazie e…asibiri!
Margherita
Silvia says
Buona sera. Sono giorni che provo a fare questo pane, ho visto e rivisto tanti video… Seguo i passaggi alla lettera. Ho un forno normale di casa statico 3 mi succede che un inizia a fare bollicine poi da un lato si gonfia e dall altro no. Dove sbaglio? Colpo del forno? Mia suocera è sarda, mi ha seguito e dice che la sfoglia e bella sottile… Grazie mille
Veruschka says
Ciao Silvia, non ho mai provato a farlo nel forno di casa, potrebbe essere una questione di temperatura.